Quando si progetta un nuovo edificio, la prima cosa da fare è osservare il paesaggio circostante. È infatti nella forma dei rilievi, nel colore della vegetazione, nella consistenza del terreno circostante che l’architetto attento potrà leggere le regole stilistiche e formali a cui quell’opera dovrà ispirarsi. Sono questi i principi della bioarchitettura: quell’insieme di tecniche di composizione che tende a integrare le attività dell’uomo con l’ambiente, senza comprometterlo o violarlo, ma piuttosto custodendolo e prendendosene cura per le generazioni future. Oltre a concepire strutture rispettose del genius loci (il cosiddetto “spirito del sito”), questa pratica architettonica dà molto rilievo anche ai materiali impiegati per le costruzioni, che devono essere ecocompatibili e favorire la sostenibilità energetica degli edifici.
Un esempio di questo tipo di costruzioni si trova a Tuxon, in Arizona, a 600 metri di altitudine, sui rilievi che sovrastano il Deserto di Sonora. Si tratta di una casa – chiamata Tucson Mountain Retreat e progettata da Dust Architecture – che, grazie alla scelta di materiali inconsueti, si adatta ai colori caldi e alle forme essenziali dell’ambiente desertico circostante. L’edificio è un blocco squadrato di terra battuta, materiale isolante naturale, che si mimetizza completamente nel paesaggio, dando vita così a una struttura che non sfrutta l’ambiente ma che al contrario lo valorizza, confondendosi con ciò che la circonda.
Un altro progetto che esprime i principi della bioarchitettura e la sua tensione non solo a riprodurre, ma anche a prendersi cura dell’ambiente circostante, è la residenza Te Kaitaka che sorge nell’area di Otago, tra le montagne della Nuova Zelanda. Progettata dallo studio Stevens Lawson Architects, l’abitazione è caratterizzata da un tetto che segue le linee triangolari della montagna. Anche i colori aiutano in questo tentativo di impattare il meno possibile: il grigio delle coperture prende per esempio spunto dalla roccia delle montagne, mentre il legno delle pareti richiama la natura circostante.
L’idea che l’opera dell’uomo non debba imporsi sulla natura ma proteggerla e compenetrarla si trova anche nel progetto di ristrutturazione dell’albergo e ristorante Dosson sul monte spirale, nelle Dolomiti di Brenta, realizzato dagli architetti Giovanni Berti e Monica Fondriest di Artistudio. L’ambiente originario ha qui lasciato il posto a una nuova struttura, chiamata Chalet Fiat, ad alte prestazioni e basso consumo energetico. Costruito in legno, lo Chalet Fiat è stato pensato in armonia con il contesto circostante di cui riprende le sfumature: le coperture, realizzate in zintek®, si inseriscono nella cornice delle Dolomiti richiamando il colore delle rocce e le linee delle montagne. Lo zintek® risponde inoltre alla volontà degli architetti di realizzare un edificio ecosostenibile.
Dai materiali ai volumi tutto concorre quindi anche in questo progetto a un unico obiettivo: abitare i luoghi con responsabilità, nella consapevolezza che l’unico modo per farlo è avendone cura.